Inno Nazionale

Pincez tous vos koras, frappez les balafons.

Le lion rouge a rugi.

Le dompteur de la brousse

D'un bond s'est élancé,

Dissipant les ténèbres.

Soleil sur nos terreurs, soleil sur notre espoir.

Debout, frères, voici l'Afrique rassemblée

Fibres de mon cœur vert.

Épaule contre épaule, mes plus que frères,

O Sénégalais, debout!

Unissons la mer et les sources, unissons la steppe et la forêt!

Salut Afrique mère, salut Afrique mère.

Sénégal toi le fils de l'écume du lion,

Toi surgi de la nuit au galop des chevaux,

Rend-nous, oh! rends-nous l'honneur de nos ancêtres,

Splendides comme ébène et forts comme le muscle

Nous disons droits – l'épée n'a pas une bavure.

Sénégal, nous faisons nôtre ton grand dessein:

Rassembler les poussins à l'abri des milans

Pour en faire, de l'est à l'ouest, du nord au sud,

Dressé, un même peuple, un peuple sans couture

Mais un peuple tourné vers tous les vents du monde.

Sénégal, comme toi, comme tous nos héros,

Nous serons durs sans haine et des deux bras ouverts.

L'épée, nous la mettrons dans la paix du fourreau,

Car le travail sera notre arme et la parole.

Le Bantou est un frère, et l'Arabe et le Blanc.

Mais que si l'ennemi incendie nos frontières

Nous serons tous dressés et les armes au poing:

Un peuple dans sa foi défiant tous les malheurs,

Les jeunes et les vieux, les hommes et les femmes.

La mort, oui! Nous disons la mort, mais pas la honte.

 

Pizzicate tutti le vostre kora,battete i vostri balafon

Il leone rosso ha ruggito.

Il domatore della savana

Di un balzo s'è slanciato

Dissipando le tenebre.

Sole sulle nostre paure, sole sulla nostra speranza.

In piedi, fratelli, ecco l'Africa riunita!

Fibre del mio cuore verde

spalla contro spalla, miei più che fratelli.

O Senegalesi, alzatevi!

Uniamo il mare e le sorgenti, uniamo la steppa e la foresta.

Ti saluto Africa, Africa madre.

Senegal, tu figlio della spuma del leone,

Tu sorto dalla notte al galoppo dei cavalli,

Rendici, oh! Rendici l'onore dei nostri antenati

Splendidi come l'ebano e forti come il muscolo!

Diciamo diritti - la spada non ha una sbavatura

Senegal, facciamo nostro il tuo grande disegno:

Riunire i pulcini al riparo dei nibbi

Per farne, dall'est ad ovest, dal nord al sud,

Ritti, uno stesso popolo, un popolo senza divisioni,

Ma un popolo volto verso tutti i venti del mondo

Senegal, come te, come tutti i nostri eroi,

Saremo duri, senza odio e con le braccia aperte,

La spada, la metteremo nella pace del fodero,

Perché il nostro lavoro sarà la nostra arma e la parola.

Il bantu è un fratello, come l'arabo e il bianco.

Ma se il nemico incendia le nostre frontiere

Stiamo tutti eretti con le armi in pugno:

Un popolo nella sua fede sfidando tutte le sventure;

I giovani e i vecchi, gli uomini e le donne.

La morte, sì! Noi diciamo la morte, ma non il disonore.

 

 

Léopold Sédar Senghor

Senghor (Joal, 9.10.1906 – Verson, 20.12.2001) è stato un politico e poeta senegalese che tra le due guerre fu il vate e l'ideologo della négritude.

Si laureò in lettere a Parigi nel 1935 e per i dieci anni successivi insegnò in qualità di professore nelle università e nei licei francesi: è stato in questo periodo che Senghor, insieme ad altri intellettuali africani venuti a studiare nella capitale, coniò il termine e concepì il concetto di negritudine, intesa come riscoperta e riappropriazione della cultura africana, in risposta alla cultura europea imposta dai colonizzatori.

Fu il primo Presidente del Senegal e il primo africano a sedere come membro dell' Académie française. 

I suoi contributi alla rivisitazione e riscoperta moderna della cultura africana ne fanno uno dei più considerati intellettuali africani del XX secolo: dalla letteratura alla scultura, dalla filosofia alla religione.

Fu lui a scrivere il testo dell'Inno Nazionale